venerdì 25 ottobre 2013

“Fotografie che non sono mai esistite”, Emmanuil Yevzeriki


Mosca, Museo dell'Ebraismo, 4 Ottobre-17 Novembre 2013

di Simonetta Sandri



Un'altra domenica che mi chiede con forza di andare alla ricerca di qualcosa di unico, di nuovo, di straordinario. Una domenica autunnale, dove le foglie gialle, dalle mille tenui sfumature, cadono, sfiorano ed accarezzano le teste di alcune statue luccicanti alla luce di raggi di sole timido ma tiepido. Qualcuna arriva a terra, quasi con timidezza, qualche altra si appoggia sulla tua spalla e sfiora il tuo viso fresco risvegliato dalla brezza mattutina. Un'altra statua, fra le tante, sembra vigilare attenta sui passanti che la guardano, e che, chiacchierando, si girano ad ammirarla ed a compiacersi di colori degni di una sbocciante foresta canadese dipinta da mano esperta ed attenta.

 

Siamo ancora qui, sempre sull'attenti, affascinati dai colori di questa incredibile metropoli, Mosca, una città dove, nonostante le difficoltà della lingua, si trova sempre uno spazio per essere incuriositi, sorpresi, saltellanti e felici. Una città che vorresti condividere con chi ami in ogni suo minimo spazio ed intimo respiro. Dicevamo, un altro giorno di festa dove abbiamo deciso, io e il mio fedele ed attento compagno di ricerche e passeggiate, di recarci alla mostra di fotografia di Emmanuil Yevzerikhin. Sarà l'ennesima sorpresa di questa splendida, maestosa e ricca città, e non lo sarà solo la scoperta di un ennesimo nuovo fotografo ma anche e soprattutto il luogo che ospita la sua mostra. Ancora una volta non abbiamo sbagliato a voler sfidare il ventre tentacolare della profonda metropolitana moscovita, che, pure nel suo caos e nel suo soffocante affollamento, rimane un vero inno all'arte e alla potenza dell'uomo, insaziabile creatore e forgiatore. 




Dotato di grande senso dell'orientamento, che invece a me manca quasi del tutto, dall'uscita della metro Marina Roshcha, il mio accompagnatore, cartina alla mano, mi conduce alla Ulitsa Obraztsova numero 11. Eccoci di fronte alla maestosa entrata del Museo dell'Ebraismo e del Centro della Tolleranza, dove ad accoglierci, seduto a pensare o semplicemente solo a riposarsi, vi è un serio signore barbuto, dal capo coperto. che rappresenta lo stereotipo del personaggio che ci si può attendere in questo quartiere.


Il museo, inaugurato nel Novembre 2012 alla presenza di Shimon Peres, pare essere il più grande al mondo, 9.000 metri quadri di esposizione di manufatti ebraici ma anche un percorso che va dalla creazione del mondo, passando per il dono della Torah, i Templi a Gerusalemme fino alla storia delle persecuzioni. In un prossimo articolo torneremo sul Museo, che merita spazio a sé, ora vogliamo concentrarci sulla mostra fotografica. Entriamo, quasi timorosi, con un po' di cautela e di rispetto, e ci troviamo immediatamente di fronte ad una struttura enorme, interessante per la sua particolare forma e per l'essere un esempio di ristrutturazione industriale da manuale. Alla sinistra della biglietteria si trova l'esposizione fotografica per la quale siamo arrivati fin qui. Lungo un corridoio che spicca per il colore acceso ed intenso dei suoi mattoni, lasciati a respirare e traspirare la loro aria originaria, appese alle pareti di destra, scorrono fotografie della vita delle comunità ebraica russa degli anni ‘50-‘60. Sono scene di vita quotidiana, tutte rigorosamente in bianco e nero, quelle che appaiono al visitatore.
 



Due parole sull’autore, prima di scorrere le immagini. Emmanuil Yevzerikhin (1911-1984) è noto come fotografo dell’era sovietica ed autore di scatti famosi di eventi della Seconda Guerra Mondiale, quali quelli della battaglia di Stalingrado, e di celebrità dell’epoca come Maxim Gorky, Mikhail Kalinin, Valery Chkalov e Mikhail Gromov. Nonostante la sua brillante carriera come fotografo dell’era sovietica nell’agenzia Tass, Yevzerikhin rimase legato alle proprie radici. Nato, infatti, nel 1911 a Rostov sul Don da famiglia ebrea, continuò ad essere coinvolto nella vita della comunità ebraica, dando luce ad una serie di fotografie ora presentate alla Mostra del Museo dell’Ebraismo. Queste foto testimoniano come la gente comune rifiutasse che un regime repressivo impedisse loro una vita spirituale attiva.

Nell’esposizione moscovita di oggi, ammiriamo fotografie della Sinagoga Corale della Capitale, costruita fra il 1887 ed il 1906, conservate come parte dell’archivio personale di Yevzerikhin, acquisito, dopo la sua morte, dalla Sepherot Foundation, un’organizzazione basata nel Liechtenstein, dedicata alla raccolta dell’arte russa del XVII-XX secolo.
Pur ripetitive, le immagini immortalano anche piccoli dettagli, persone colte di sorpresa, Torah aperte, preghiere collettive nella sinagoga nel giorno di festa dello Shabbat, immagini in fila che ciascuno di noi può far scendere da un filo che le sfalserà alla vista. Una sopra, una sotto e poi ancora su e giù, di lato e di fronte, così si può vedere e ricostruire la scena come si vuole, nell'ordine che si preferisce. Sono tutte allineate come una pellicola, appese al soffitto con un lungo cavo metallico, sono sicura che se si potessero far scorrere velocemente, essendovene molte simili e che differiscono in minimi particolari, si potrebbe ottenere un effetto cartone animato


Nello sfilare delle immagini simili se non spesso quasi uguali, all’esterno della sinagoga appaiono uomini vestiti in maniera pressoché identica, che stanno innocentemente a guardare ed osservare lo sfilare delle persone che entrano ed escono dalla sinagoga. La curatrice della mostra, Maria Yesimova, ha indicato che potessero essere membri dell’apparato governativo di sicurezza, pronti a prendere nota dei nomi di che frequentasse quel luogo. Immagini e riflessioni che turbano la visita e che ci fanno ricordare, ancora una volta, la difficile, tragica e complessa storia degli ebrei di Russia. Ma questo è un altro capitolo
 


Copyright © Simonetta Sandri

Le fotografie esposte sono copyright © Sepherot Foundation

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