domenica 15 dicembre 2013

Per un’Italia possibile - La cultura salverà il nostro Paese?

Ilaria Borletti Buitoni, Per un’Italia possibile - La cultura salverà il nostro Paese? Mondadori, 2012, 128 p.

di Simonetta Sandri

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Abi, nuntia… Romanis, caelestes ita velle ut mea Roma caput orbis terrarum sit
Tito Livio, Ab urbe condita libri, I, 16.

Non potevamo non presentarvi questo libro scritto dall’ex Presidente del Fondo Ambiente Italiano (FAI), nel Paese che ospita la Capitale del Mondo, nel Paese della Bellezza, pienamente convinti, insieme all’Autore, che “un Paese che riconosce la propria identità culturale è un Paese in cui si vive meglio”, e che “il riscatto può nascere solo dalla bellezza che, nonostante tutto, vince”.
Non potevamo non rendervene partecipi, proprio noi che crediamo profondamente nel valore e nel potere della Bellezza e del sogno che essa trascina potentemente con sé. Presentarvi questo libro ci pareva, poi, assolutamente attuale, in un momento storico difficile per la nostra amata Patria dove, tuttavia, qualche mente, diciamo un po’ più illuminata per non creare preferenze di parte, sembra capire che la nostra storia, la nostra letteratura, il nostro cinema, la nostra arte in generale, per non tralasciare alcuna dimensione, possa darci nuovo ossigeno. Abbiamo sempre creduto nell’importanza che la dimensione culturale ricopre, in generale, nello sviluppo di ogni Nazione, ma, se una profonda crisi economica e di valori può aiutare a riscoprire l’importanza della nostra tradizione, allora ben venga, il fine giustificherà i mezzi.

Il libro della Borletti Buitoni sicuramente aiuta molti lettori a ripensare il paesaggio, il nostro, a comprendere e a riflettere sul fatto che esso, per troppi anni, nella nostra bella Italia, è stato lasciato alla mercede di chiunque avesse bisogno di un pezzo di terra per costruire palazzi e villette che rimanevano vuoti ed invenduti, per disseminare le periferie di capannoni e magazzini che assomigliavano a sinistri e scheletrici fantasmi abbandonati, per popolare le verdi colline di imponenti, e spesso inutili, pale eoliche. Il nostro turismo culturale e naturalistico potrebbe essere la nostra vera ricchezza, la nostra principale risorsa se solo si abbandonasse la logica di voler “spennare” il turista morgi e fuggi e si pensasse a fidelizzarlo, a farlo ritornare ogni anno, quasi a casa, per rivedere l’evoluzione rispettata di un paesaggio tenero e sempre accogliente. Il Trentino Alto Adige, a mio avviso e tra parentesi, ci è riuscito, ma rimane una perla rara. Anche la Convenzione Europea del Paesaggio, firmata nel 2000 a Firenze, attribuisce al paesaggio importanti funzioni di interesse generale sul piano culturale, ecologico, ambientale e sociale e lo riconosce come risorsa fondamentale per l’attività economica. Questo non significa, come scrive anche la Borletti Buitoni, che nel nostro Paese non vi siano esempi di gestioni virtuose e di felici e fruttuose collaborazioni fra pubblico e privato. E questi casi vengono ben illustrati nel libro. Assistiamo, infatti, anche ad iniziative di grandi privati che sostengono il paesaggio e la sua cultura, attraverso strutturati ed articolati progetti di collaborazione, ma ritroviamo e scopriamo anche tanti individui che con volontariato ed adesione ad organizzazioni come quelle del FAI, contribuiscono giorno per giorno a far risplendere e trionfare la Bellezza. Bellezza e Cultura restano le parole chiave, strettamente abbracciate ed inseparabili amiche. Un rapido e buon sviluppo ha solide basi economiche ma va anche affiancato da un forte radicamento culturale locale; a nostro umile avviso, non c’è mai sviluppo economico senza sviluppo culturale. Non c’è, poi, imprenditore internazionalizzato che non sia anche mediatore culturale. Un valore culturale non è solo presente in un prodotto o in un servizio ma è presente nella stessa impresa, una cultura che deve arricchire il territorio in cui si va ad operare ma che è a sua volta “contaminata” dal territorio, interagendo con esso, con pieno rispetto economico ma anche, e soprattutto, culturale. Non c’è nemmeno lavoratore internazionalizzato che non sia anche mediatore culturale. Per esperienza personale diretta, posso dire che quando lavoro all’estero sono l’Italia, me la sento sulla pelle, la porto con me, dentro, ma anche agli altri, la diffondo, la traspiro. Lo scambio, tuttavia, è alla fine, reciproco, apprendo da dove mi trovo, assorbo dalle parole e dai gesti di una nuova cultura che mi avvolge per qualche tempo che, pur nella sua limitatezza, diventa, per me, eterno e ricco patrimonio. Noi lavoratori italiani all’estero siamo veri e propri mediatori culturali, siamo apertura, dialogo, ascolto, veicolo delle nostra storia. Ma nel fare questo abbiamo bisogno di aiuto da parte delle nostre istituzioni che, come noi, devono promuovere e credere in quella Bellezza con la quale siamo nati, con la quale siamo andati a passeggio, a braccetto, fin dalla nostra più tenera infanzia, semplicemente guardando all’insù.

Ci sentiamo di dirvi, sinceramente, senza interessi e liberamente…: A Natale regala l’iscrizione al FAI. http://sostienici.fondoambiente.it/regala-il-natale.aspx?trkcd=OCREGNAT13
Noi lo abbiamo fatto. Ad maiora !
Copyright by © Simonetta Sandri

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