martedì 28 gennaio 2014

Emanuela Cortesi: Il coro è un'espressione dell'anima

di William Molducci

Dietro le spalle di un'artista, che si esibisce davanti al pubblico, ci sono numerosi professionisti che con il loro lavoro gli consentono di esprimersi al meglio. Nel caso della musica leggera si tratta di compositori, musicisti, parolieri, arrangiatori, manager, discografici, per non dire tecnici, ingegneri, vocalist e coristi, ognuno con la loro specificità e importanza.


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Di questo microcosmo fa parte Emanuela Cortesi, una delle più apprezzate coriste e vocalist italiane. Tra le due tipologie esistono sostanziali differenze, il corista è quel cantante che armonizza insieme alla voce solista, il vocalist si occupa di fare le seconde voci e in alcune situazioni di interagire con l'artista.

Il suo volo bianco

Emanuela Cortesi è una sensibile interprete della musica italiana, la sua carriera è iniziata molto presto, con la partecipazione al Festival di Sanremo del 1974, dove presentò il brano Il mio volo bianco, classificandosi quinta. In precedenza aveva vinto il Festival di Castrocaro e successivamente partecipò alle più importanti rassegne canore degli anni 70, tra cui il Disco per l'estate e la Mostra Internazionale di Venezia, dove vinse la Gondola d'Argento. Una carriera fulminante per quegli anni, ma qualcosa non andò per il verso giusto ed Emanuela abbandonò la Fonit Cetra e la musica leggera per ritornare nell'anonimato. Alla base di questa decisione ci fu l'insoddisfazione per il repertorio che le fu messo a disposizione e il rifiuto dell'immagine di nuova Cinquetti, che cercarono di cucirle addosso.
Questo sembra il racconto della fine prematura di una brillante carriera, così come se ne sono viste tante, ma la ragazza di Fusignano aveva qualcosa in più di tanti altri: la voce e la passione per la musica. Il suo passaggio per le scene musicali non fu dimenticato e circa dieci anni dopo Marcella la volle come corista nei suoi concerti. La collaborazione con Marcella e Gianni Bella proseguirà nel tempo, sia nei concerti live sia nei dischi. Da quel momento Emanuela inizia a lavorare come corista e come vocalist con Eros Ramazzotti, Lucio Dalla, Gianni Morandi, Mina, Laura Pausini, Adriano Celentano, Andrea Mingardi, Riccardo Fogli, Ornella Vanoni, Mango e tanti altri.
Il 1991 è un anno importante per la sua carriera, infatti si trova in tour con Eros Ramazzotti, rivelando a chi non la conosceva le sue qualità di cantante. Grazie al successo viene confermata per altri tre anni al seguito del cantante romano. Seguiranno il tour mondiale del 2009 con Laura Pausini e Work in progress, che vide ricomporsi la coppia Lucio Dalla e Francesco De Gregori. Nel febbraio 2012 la Cortese era con Lucio Dalla, durante il suo ultimo concerto a Montreux in Svizzera.
Nel 1998 viene invitata al Pavarotti & Friends per duettare con Eros nel brano Se bastasse una canzone. Nel 1995 ha collaborato con la Disney interpretando il brano Se tu non ci fossi, per il film d'animazione Pocahontas duettando con Massimo di Cataldo. Successivamente ha prestato la voce al personaggio di Calliope in Hercules e nel 1999 ha doppiato la voce cantante di Jessie in Toy Story 2.



Vita da corista

Emanuela ha il merito di dare un valido contributo creativo al suo ruolo di corista e di vocalist, stando sempre attenta a valorizzare al massimo l'artista solista. Questo mestiere è importante e alcune volte fondamentale, basti pensare a Clare Torry e alla sua leggendaria interpretazione del brano The great gig in the sky dei Pink Floyd, inserito nell'album The dark side of the moon. Il corista deve essere sempre attento ad autoregolarsi, per fare in modo che la sua voce si amalgami (in gergo si dice impastarsi), con le altre del coro e non prevalga sul solista. Doti indispensabili per riuscire in questo sono professionalità, musicalità, conoscenza della musica (armonia, solfeggio e canto), tecnica del respiro, fraseggio, ascolto attento e reattivo e soprattutto controllo.
Tullio Pizzorno interprete e autore di Mina, Alberto Radius e Linda, in merito alla figura del corista ci ha detto: “... di solito il pubblico medio e i non addetti ai lavori non hanno un'idea precisa di cosa significhi cantare "insieme ad altre voci", e stai sicuro che in alcuni casi le voci di background sono le vere protagoniste. E la Cortesi, ma pure Paola Folli, Lalla Francia, Simonetta Robbiani, Moreno Ferrara e pochi altri, sono per me dei veri musicisti, oltre che dei cantanti”.



L'intervista

Come si svolge il lavoro di preparazione per un concerto e la registrazione di un album?

Negli anni 80, 90, fino al 2000 il procedimento era quasi sempre lo stesso. L'artista o chi per lui (l'arrangiatore o il manager), ti chiamava per chiederti la disponibilità e di conseguenza si concordavano le giornate per la registrazione dei cori per l'album. Si andava in studio e si cercava di immedesimarsi nelle emozioni, che i brani ti davano già al primo ascolto. A volte si leggevano le parti scritte dal maestro, in altre veniva chiesto un consiglio. Quando poi anche l'artista era presente si univano tutte le idee e quasi sempre si materializzava il “miracolo”. Che meraviglia! Quando sei in studio e senti di potere valorizzare il lavoro col tuo apporto, non avverti stanchezza e nessun altro tipo di esigenza fisiologica. Non senti altro che bellezza e gratitudine, almeno a me è successo quasi sempre così. Con l'avvento della tecnologia le cose sono cambiate e per un certo verso si sono appiattiti i suoni e semplificate altre cose. Per cui ultimamente succede che molti cantanti si registrino i cori da soli, magari utilizzando tracce fatte in precedenza, con lo scopo di riempire i punti dove il suono risulta freddo e monocolore. Ci sono stati periodi in cui avere i cori in un disco era considerato un modo “antico” di fare musica, altri in cui c'era la mania del coro gospel e poi di quelli “soffiati” e senza vibrato. Sono convinta che quando un coro riesce a valorizzare una canzone, ci debba assolutamente essere. Il coro è l'espressione della gente, di tante voci chiamate per vitalizzare una situazione, un momento statico, un pensiero comune. Il coro è un'espressione dell'anima.

Piccola curiosità, come ti trovi a lavorare con Mina?

Lavorare con Mina è estremamente semplice, ma è anche molto impegnativo. La semplicità deriva dalla consapevolezza delle potenzialità e di cosa si possa realizzare insieme a lei, suo figlio Massimiliano e agli altri colleghi. Forti di questa consapevolezza si lavora con un entusiasmo e una disponibilità completa, perché si capisce che alla fine il risultato sarà eccellente. Detto questo, l'impegno sta nella concentrazione, nel proporre soluzioni alternative per sottolineare una frase o commentare un intervento musicale, cercando di non essere soltanto passivi esecutori. Le condizioni di lavoro che si creano con Mina e Max, consentono di esprimersi al meglio e di sentirsi sempre gratificati.
Per quanto riguarda il lato umano è sempre una gran festa quando ci si ritrova e questo fa parte della semplicità dei grandi. Mina ci porta le torte, si interessa dei nostri cari, trova il modo di metterci assolutamente a nostro agio. Lei e Max sono due delle persone più intelligenti e vere, che io abbia mai conosciuto nell'ambiente musicale. Mi ritengo molto fortunata ad averli incontrati e questo anche a prescindere dal lavoro.

I tour mondiali con Eros Ramazzotti e Laura Pausini, ti hanno portata in giro per il mondo, cosa puoi raccontarci di queste esperienze, che saranno senza dubbio state stressanti ma allo stesso tempo gratificanti?

L'esperienza di un tour mondiale ti apre il cuore e la mente, ma naturalmente dipende da come l'affronti. Prima di tutto ci sono le canzoni da imparare in lingue diverse, quindi si deve mettere in conto il lavoro sulle sonorità vocali. La scaletta va ripensata, si possono aggiungere o togliere dei brani che in Italia sono stati per mesi in classifica o che sono passati inosservati. Gli stadi, i palazzetti, gli auditorium e comunque qualsiasi “contenitore” si riempie di gente fantastica, che ti accoglie con grande entusiasmo. La mia esperienza con Eros in America, ma soprattutto in Sud America, è stata indimenticabile. Ancora oggi ho amici coi quali sono in contatto e che sento regolarmente dopo quasi venticinque anni. La prima volta andai in tour con Mango e già in quell'occasione mi resi conto di quanto mi sarebbe servita quell'esperienza, sia dal punto di vista umano sia da quello artistico. Con Eros poi, ricordo che io aprivo il concerto, cantando un suo brano come solista, ogni volta il tutto avveniva davanti a 40/50 mila persone. All'estero apprendi usanze e culture diverse, impari ad apprezzarne le differenze e torni più ricco. Lontano dall'Italia ti senti più libero, hai voglia di integrarti con gli altri, di capire la loro vita e di conoscere la loro storia. Ho mangiato nelle loro case, praticato il buddhismo con membri di tutto il mondo, cantato le loro canzoni. Sono salita ogni due giorni per mesi in aereo, con fusi orari a volte impossibili da affrontare e dormito tre ore, per poi salire sul palco. Ho cercato di vedere mostre, di guardare i tramonti e la luna, per vedere se ne riconoscevo le macchie.
Ho spento l'aria condizionata ovunque, ho cercato il sole e le spiagge bianche sudamericane e mi sono accorta di essere entrata in acqua solo perché ho sentito i piedi bagnarsi, tanto era limpida e trasparente. Con Laura è stata la stessa cosa, un'emozione continua a partire dal nostro arrivo negli aeroporti, dove trovi già le persone che ti accolgono con gli striscioni, foto di anni addietro, dolci, gadget e affetto puro. Con Fabrizio, il padre di Laura, ho visitato tantissimi posti e imparato tante cose. E' importante confrontarsi con qualcuno, quando sei così lontano e vivi una condizione quasi irreale e distante dal quotidiano e dalla vita vera. Per quella che è stata la mia esperienza, tutto questo è stato importantissimo. Per cui ringrazio la vita e gli artisti, che mi hanno e mi permettono di vivere il mio mestiere a un livello artistico e umano così intenso.



Tu hai cantato con Lucio Dalla, durante la sua ultima esibizione a Montreux. Un ricordo...

Lucio ha riempito di ricordi meravigliosi due anni della mia vita e ora mi manca moltissimo, mi ha inondata di complimenti, di ironia, di leggerezza. Mi ha fatto riflettere, mi ha regalato l'incontro con il mio compagno e presto gli avremmo chiesto di “sposarci”, ma con la stessa leggerezza con la quale ha vissuto, l'ho visto andarsene. Qualche volta guardo le fotografie di quel tour appena iniziato e finito dopo soli tre giorni e mi sembra tutto ancora irreale. Allora prendo il telefono e cerco il suo numero, poi scrivo un messaggio a Marco e un pensiero di grandissimo affetto. Lui capisce.

Copyright © by William Molducci

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