mercoledì 13 agosto 2014

Santuario del transitorio - Alessandro Salvi

Santuario del transitorio, L'arcolaio, 62 pp. Alessandro Salvi

di Fabio Michieli

(Prefazione)

Costato un lavoro lungo anni (almeno cinque), Santuario del transitorio accorpa tre movimenti precisi che sono anche il risultato della revisione di precedenti plaquette o singoli testi che hanno goduto di una circolazione autonoma a partire dal 2009. 





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Finalmente ora le tre sezioni, Santuario del transitorio, Madrigali eroici e Ladro di tamerici, vestono l’abito definitivo, che non solo nella forma chiusa e nel solco di un Novecento fattosi tradizione sviluppa la poesia di Alessandro Salvi: Santuario del transitorio è tutto condito con un’abbondante dose di ironia e disincanto che ben rendono lo straniamento dal tempo, il quasi desiderio di allontanare il tempo e la storia in una dimensione forse barocca (e per un poeta nato a Pola nel 1976, e residente a Rovigno, il tempo e la storia da allontanare sono ben precisi, identificabili, riconoscibili).


Perciò ogni scelta di registro, ogni scelta di campo, sono azioni in un certo senso politiche, azioni necessarie per la sopravvivenza stessa della poesia in una società che corrode e corrompe ogni cosa: la poesia è la speranza per chi, prossimo all’imminenza anagrafica di luziana memoria, intende comunque indicare una via possibile per sé e per chi in questi versi comunque ci si ritrova in parte. Malgrado, ripeto, siano assenti la Storia come protagonista diretta, e quindi anche il “momento politico” (Mauro Sambi), e l’io si dichiari «ai ferri corti con il quotidiano».
Prende perciò le mosse da questa prima dichiarazione di inappartenenza al proprio momento storico un viaggio che ci condurrà verso il santuario del provvisorio, di ciò che è precario e si contrappone all’assoluto, all’astratto, all’eterno (sono parole di Alessandro Salvi). Ma non siamo portati a visitare un sito archeologico in rovina: non ci accolgono macerie. La lingua solida, robusta, che conosce un «impasto di aulico e quotidiano» (sono parole di Mengaldo riferite a Saba che trovano un senso anche per Alessandro Salvi senza far gridare allo scandalo) fino a una deriva gergale di segno opposto, è la corda con la quale ci reggiamo, ed è la corda che si lega alle strutture all’apparenza solide di questo santuario: madrigali, sonetti, una sestina sono le stanche che ci accolgono. E se i madrigali ultimamente godono di una rinnovata fortuna (si pensi ai madrigali di Gianluca D’Andrea, centrali anche nella sua raccolta [Ecostistemi]), stupisce di più la presenza di una sestina (che chiude la raccolta e che a un novecentista come me ricorda immediatamente il tardo Ungaretti), e più ancora di una sonettessa («suonata e un po’ depressa»), caudata e manierista, come ripresa del più italiano dei metri usati in poesia. Non fatevi però depistare da questo gioco! Ricordatevi che appartiene al barocco la capacità di distrarre dalla realtà con ogni mezzo, per rappresentare in altro modo la stessa realtà che si cerca di allontanare, di fuggire.
E se per allontanare il contemporaneo si può utilizzare la lingua, ecco che Salvi ottiene l’effetto ricercato: lo straniamento totale. Il recupero di una linea che si origina da molto lontano è quanto di meno comune si possa incontrare di questi tempi nella poesia italiana, a meno che non si scada nel manierismo, nell’imitazione, nel tranello della memoria scolastica. Ciò non avviene mai in Santuario del transitorio; non può avvenire dal momento che il poeta possiede non solo gli strumenti per piegare la lingua, ma possiede anche la forza per dominarla e giocare con essa, fino a farla letteralmente (e figuratamente) franare (come nei versi finali di Le inarrivabili parole tramano). E in questo procedere, malgrado siano nette le posizioni che oppongono questa poesia a quella affine per tema di Gabriele Gabbia, vedo proprio innestarsi la raccolta di Salvi nel solco di una riflessione toccata anche da La terra franata dei nomi. Sicché ogni lontana parentela assunta a difesa della propria poesia viene spazzata via nell’attimo stesso in cui ci si accorge che il poeta parla al suo presente: il poeta è nudo davanti a una moltitudine di specchi e solo questa rifrazione, questo moltiplicarsi continuo di immagini di sé come fossero i mille intricati percorsi interni a un labirinto, gli consentono di sopravvivere, di non soccombere al peso della precarietà.

Biografia di Alessandro Salvi

Alessandro Salvi (1976, Pola – Croazia), vive da sempre a Rovigno (Croazia). Ha esordito con la raccolta di versi Piovono formiche carnivore e altre inezie (Aletti, Villalba di Guidonia,2008), mentre la plaquette I fori nel mare (En Avant! Produzioni, Pistoia) è del 2011. Una seconda edizione del suo libro d'esordio è uscita nel mese di dicembre del 2011 per conto della casa editrice rovignese Apeiron, in edizione bilingue, con traduzione croata a fronte. Nel 2001 la raccolta di versi Eserciziario di metafisica per principianti viene inclusa nel volume collettivo Creare mondi (a cura di Alessandro Ramberti) per conto della
casa editrice riminese Fara. Presente nel web, ha inoltre pubblicato testi di varia natura (traduzioni, critiche, articoli di varia natura...) nelle seguenti riviste: Le Voci della Luna (Sasso Marconi, BO), La Battana (Fiume, Croazia), Nova Istra (Pola, Croazia), Zarez (Zagabria, Croazia), Sovremenost (Skopje, Macedonia) e altrove.

Libro edito da: L’arcolaio
Quaderni & Immagini, Collana diretta da Maurizio Bacchilega

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